Formazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA
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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2009-12-20Infrastrutture, il Sud incassa fondi ma non dà risultati Ponte al via con una mini-opera Le imprese locali chiedono garanzie La classifica della banca d'Italia
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DG Studio TecnicoDalessandro Giacomo 40° Anniversario - UPPORTO ENGINEERING-ONLINE |
Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..
Il Mio Pensiero:
il SOLE 24 ORE
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CORRIERE della SERA
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il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.ilsole24ore.com2009-12-20 Infrastrutture, il Sud incassa fondi ma non dà risultati di Rita Fatiguso 20 DICEMBRE 2009 Ponte al via con una mini-opera Le imprese locali chiedono garanzie di Nino Amadore La classifica della banca d'Italia "Dai nostri archivi" ITALIA 2015 / Nuove radici per crescere alti Si salvano solo mari e monti L'ITALIA DEI TERRITORI / Se il Sud fa rete l'innovazione vince La ricetta di Draghi per il Sud Politiche regionali inefficaci È la vecchia storia del Sud che prende e non dà. Ma questa volta c'è da crederci, a dimostrarlo è uno studio Bankitalia che rivela: un euro investito in infrastrutture ad esempio in Abruzzo genera 0,8 euro di Pil, quando in Veneto ne produrrebbe 1,11. Come mai? Colpa della corruzione, di una minore efficienza della spesa e anche della geografia sfavorevole. Fatto sta che il Sud Italia riceve dallo Stato molto più capitale pubblico rispetto al Pil che genera, di quanto non avvenga nelle regioni del Centro Nord ma i risultati sono notevolmente inferiori e anche l'effetto benefico sull'economia e sul lavoro tipico di ogni investimento pubblico in infrastrutture subisce un drastico ridimensionamento. Per ogni euro investito in strade, ferrovie, edilizia pubblica o altre opere realizzate al Centro Nord, con in testa il Veneto, si avrebbe un ritorno sul Pil pari a 1,11 euro mentre al Sud, la cui economia peraltro è dipendente dal capitale pubblico, si ferma a 0,84 con l'Abruzzo e il Molise fanalino di coda. Tre ricercatori della Banca d'Italia analizzano il dilemma della politica e il conflitto potenziale fra equità e l'obiettivo dell'efficienza. Che fare? Investire, quindi, nelle aree svantaggiate e con deficit di infrastrutture o in quelle più sviluppate dove è prevedibile un risultato migliore? La ricerca riconosce tuttavia come il capitale pubblico abbia un effetto positivo sul Pil e sull'occupazione sia nel breve che nel lungo periodo dove gli investimenti avrebbero una positiva e prolungata risposta. Le infrastrutture sembrano un investimento produttivo. La ricerca sottolinea come nel nostro paese l'andamento della spesa è in costante diminuzione dopo il picco degli anni '70 con un crollo dal 40,3% sul totale della spesa pubblica del 1980 al 33,5% del 2000. Lo studio entra nel dettaglio degli effetti del capitale pubblico sul Pil nelle diverse aree e regioni del paese e nota come il dato nazionale sia più alto, con 1,39 euro di ritorno per ogni euro impiegato (pari a un rendimento annuale dell'1,6% in un orizzonte ventennale) che provoca effetti benefici. Sul territorio le differenze si fanno sentire con il Sud che, pur avendo in termini assoluti meno chilometri di strade o ferrovie, mostra una maggiore elasticità del Pil agli investimenti pubblici (specie quelli in trasporti) a causa della maggiore incidenza di questi sul prodotto interno lordo regionale che, nel 2000, raggiunge il 176% in Basilicata o il 120% in Calabria a fronte della Lombardia (26,7%) e il Veneto (33,3%). 20 DICEMBRE 2009
Ponte al via con una mini-opera di Giorgio Santilli 20 dicembre 2009 Le imprese locali chiedono garanzie (di Nino Amadore) "Dai nostri archivi" Le imprese locali chiedono garanzie Cinque miliardi per le opere Finanziaria 2010 / Lavori e appalti Sul Ponte il cuore oltre l'ostacolo Ponte di Messina: Ciucci nominato commissario straordinario Il governo conferma ancora una volta la priorità assoluta del ponte sullo stretto di Messina che mercoledì vedrà l'avvio dei lavori preliminari da 26 milioni della "variante di Cannitello" necessari per spostare un'interferenza ferroviaria. Gli unici fondi che l'Anas incassa dalla finanziaria 2010 sono i 470 milioni disponibili dal 2012 e destinati alla sottoscrizione della quota di capitale della società Stretto di Messina. L'urgenza del ponte è confermata dalle procedure straordinarie per l'aggiornamento degli appalti con il general contractor e della convenzione, prima con un commissario straordinario (l'amministratore delegato di Stretto di Messina Pietro Ciucci), poi per legge, saltando la firma dei ministri Matteoli e Tremonti al decreto di approvazione. Il risultato dell'operazione che ha consentito di rimettere in moto l'opera è un aumento dei costi totali da 6.100 a 6.349,8 milioni, di cui 5.795,2 milioni per le opere e 554 milioni per oneri finanziari. A beneficiare della crescita dei costi è il general contractor Eurolink guidato da Impregilo con il 45% insieme alla spagnola Sacyr, a Condotte, alle cooperative di Cmc, al consorzio Aci e alla giapponese Ishigawa che ha curato progettazione e ingegneria: il valore del contratto è lievitato di 800 milioni, arrivando a 4.730 milioni. Un salto attribuito dalla Stretto di Messina all'adeguamento dei prezzi, all'aggiunta di opere complementari come la stessa variante di Cannitello (passata dalle competenza di Rfi a quella di Stretto di Messina), all'accordo sui risarcimenti a Eurolink per il congelamento dell'opera nel 2006.
Il piano finanziario è ancora "atto riservato", nonostante l'approvazione del commissario e la presa d'atto del ministero delle Infrastrutture e del Cipe. La copertura finanziaria è ripartita su due voci pubbliche per un totale di 2.500 euro e su un "residuo in project financing" che dai documenti del governo ammonterebbe a 3.295 milioni (al netto degli oneri finanziari). La quota pubblica sarebbe quindi del 43% contro il 57% di quella privata. Se consideriamo anche il costo degli oneri finanziari la quota pubblica scende al 39,4% contro il 60,6% di quella in project financing. Nella sostanza viene rispettato il rapporto 40-60 caratteristico del primo piano finanziario del 2003. L'andamento dei mercati finanziari e le vicende controverse del Ponte rischiano di rendere però più difficile il reperimento di risorse private, anche perché vanno aggiornate le stime del traffico di veicoli che dovrebbe dare il cash flow dell'opera (insieme al contributo fisso pagato da Rfi). Anche la quota pubblica, d'altra parte, non è ancora nella cassaforte di Pietro Ciucci, che pure ha avuto rassicurazioni sul punto. Questi 2.500 milioni si dividono in 1.200 milioni da aumento di capitale riservato agli attuali azionisti pubblici (Anas, Fs, le due regioni) e 1.300 da contributo a carico del fondo infrastrutture, previsto dal decreto legge 78/2009 e finanziato con il Fas. Di questa ultima quota la Stretto di Messina ha incassato per ora una prima quota da 12,676 milioni, deliberata dal Cipe il 6 novembre. L'importo residuo è stato assegnato "programmaticamente" in quote annuali spalmate nel corso del piano finanziario, in corrispondenza degli investimenti sostenuti. Un'assegnazione "programmatica" che si tradurrà in realtà "compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e con le assegnazioni già disposte". L'espressione, fatta inserire dal ministero dell'Economia nella conversione del decreto legge 78, accenna soltanto al cammino che queste quote devono ancora fare per tramutarsi in cassa. Più definito il quadro degli aumenti di capitale: ai 470 milioni decisi dalla finanziaria in favore dell'Anas a partire dal 2012 si aggiungono i 330 milioni deliberati dal Cipe con fondi Fas il 17 dicembre (213 ad Anas, 117 a Rfi) mentre 306 milioni erano stati versati nel 2004 e 100 milioni saranno sottoscritti come quota regionale. 20 dicembre 2009
Le imprese locali chiedono garanzie di Nino Amadore commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 20 dicembre 2009 "Dai nostri archivi" Ponte al via con una mini-opera Le imprese siciliane e calabresi guardano con attenzione ai cantieri del Ponte sullo Stretto. In questa fase prevale l'attesa per ciò che il general contractor deciderà. Differenti le posizioni: sulla sponda siciliana prevale l'ansia di capire cosa succederà anche nell'immediato, su quella calabrese prevale invece l'attesa. Sul lato di Cariddi sono molto attivi gli imprenditori edili del Messinese e in particolare quelli aderenti all'Ance: Carlo Borella è il presidente dell'associazione, che raggruppa un centinaio di aziende per un totale di quasi 10mila occupati, e racconta di aver più volte chiesto ai vertici del general contractor un incontro per discutere del futuro di aziende e lavoratori dell'area peloritana. "Noi – dice Borella – vogliamo capire quale sarà il nostro ruolo ma soprattutto vogliamo confrontarci sul futuro dell'intero sistema che è fatto anche di cassa edile e di altro". La Cassa edile, per esempio, nel corso di quest'anno ha perso 4mila iscritti: "Segno – dice Borella – della grave crisi in atto". Un altro punto su cui i vertici dell'Ance Sicilia insistono molto è quello che riguarda le opere cosiddette prevalenti, ovvero necessarie per evitare il caos una volta che i cantieri del Ponte saranno a regime: l'Ance ne ha contate almeno quattro e da Messina è partito un elenco per il presidente nazionale dell'associazione costruttori. Un mini-elenco che rischia comunque di essere un grande problema perché il totale del fabbisogno finanziario segna una cifra difficile da trovare in questo momento: 693 milioni. C'è il circuito di collegamento Costa ionica e tirrenica (la cosiddetta Strada intervalliva Patti-Taormina) che costerebbe 573 milioni, c'è la realizzazione della Via del mare sulla litoranea sud di Messina (costo previsto di 45 milioni), c'è il raddoppio della galleria di collegamento tra lo svincolo Giostra Annunziata del comune di Messina (50 milioni) e infine il completamento della tranvia a Messina (25 milioni). Tutto ciò perché, dice il direttore regionale dell'Ance Ferdinando Ferraro, "bisogna avere chiaro che le imprese siciliane e calabresi non possono rimanere tagliate fuori. È necessario prepararsi per tempo". Tema su cui sono sostanzialmente d'accordo gli imprenditori calabresi del settore i quali in questi anni hanno sperimentato un confronto serrato con i vari colossi delle costruzioni sul fronte della Salerno-Reggio Calabria: "Le nostre imprese sono medio-piccole – dice il presidente dell'Ance Calabria Francesco Cava –: non possiamo che puntare sui subappalti, ovviamente consorziandoci. Ma al general contractor chiediamo che si tenga conto delle imprese calabresi e della professionalità che sul territorio è molto alta. Soprattutto chiediamo che le aziende non vengano strozzate attraverso eccessivi ribassi e pagamenti troppo allungati nel tempo. Finora non c'è stato alcun contato con i vertici del general contractor del resto ci sembra prematuro visto che ancora si parla di studi e progettazione". Un incontro con i vertici del general contractor potrebbe tenersi dopo il 18 gennaio intanto i rappresentanti di Ance Sicilia e Ance Calabia hanno già stabilito di incontrarsi a inizio 2010 per pianificare una strategia comune. Infine ieri nuova manifestazione di protesta a Villa San Giovanni con oltre 2mila persone. Nel corso della manifestazione è morto per infarto Franco Nisticò, ex sindaco di Badolato, tra i leader della protesta. 20 dicembre 2009
La classificazione delle regioni rispetto al valore di Pil per ogni euro speso in infrastrutture pubbliche Veneto 2,67 Umbria 0,84 Trentino Alto Adige 1,04 Toscana 1,60 Sicilia 0,70 Sardegna 0,15 Puglia 1,17 Piemonte e Valle Aosta 1,86 Marche 0,98 Lombardia 0,21 Liguria 0,90 Lazio 1,69 Friuli Venezia Giulia 0,36 Emilia Romagna 0,61 Campania 0,86 Calabria 0,34 Basilicata 0,43 Abruzzo e Molise 0,10 Centro-Nord 1,11 Sud e Isole 0,84 Italia 1,39 Fonte: Banca d'Italia |
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